Area Fiscale – Recenti novità in materia IVA
Note di variazione IVA sulle procedure concorsuali — La dichiarazione di navigazione di alto mare per la non applicazione dell’Iva alle operazioni di cui agli articoli 8bis e 7sexies, comma 1, lettera ebis), D.P.R. 633/1972 — Fatturazione elettronica nelle operazioni con San Marino — Modifiche al regime Iva del commercio elettronico — Modernizzazione del sistema comune dell’IVA – Recepimento dei “quick fixes” – DLgs. n. 192/2021
1. Note di variazione IVA sulle procedure concorsuali
Con l’art. 18 del D.L. n. 73 del 25 maggio 2021 (Decreto Sostegni bis), il legislatore italiano è, nuovamente intervenuto a far chiarezza sulla disciplina delle note di variazione in diminuzione Iva nelle procedure concorsuali, recependo gli insegnamenti tracciati dalla recente giurisprudenza, anticipandone il momento di emissione nelle procedure concorsuali.
La rettifica dell’Iva dovuta per i casi di annullamento, recesso, risoluzione o per il mancato pagamento, in tutto o in parte da parte del debitore, per la presenza di procedure concorsuali in corso, è disciplinata dall’art. 26 c. 2 del D.P.R. 633/1972.
In particolare, l’art. 18 del Decreto Sostegni bis ha modificato l’art. 26 del Decreto Iva, prevedendo che la nota di variazione in diminuzione Iva possa essere emessa, in caso di mancato pagamento da parte del cessionario o committente, già a partire dalla data in cui egli è assoggettato ad una procedura concorsuale. Il momento di tale assoggettamento è poi individuato al comma 10-bis del nuovo art. 26 nella data della sentenza dichiarativa di fallimento, del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (quest’ultima ipotesi, si rileva, era stata ritenuta dall’Amministrazione finanziaria esclusa dall’ambito applicativo della norma).
L’anticipazione del diritto di detrazione ad un momento in cui il creditore non ha, di fatto, definitiva certezza di rimanere insoddisfatto, ha indotto lo stesso legislatore a prevedere un meccanismo di riequilibrio: il comma 5-bis dispone che, in caso di successivo integrale o parziale pagamento, il creditore debba emettere apposita nota di variazione in aumento.
Inoltre, si rileva che l’anticipazione del diritto all’emissione della nota di credito comporta anche l’anticipazione del termine ultimo entro il quale può essere effettuato il relativo recupero. Siccome l’art. 19 del D.P.R. n. 633 del 26/10/1972 prevede che il diritto alla detrazione possa essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto stesso è sorto, il recupero dell’Iva può ora effettuarsi con la dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui la procedura concorsuale viene avviata.
Tali novità trovano applicazione, per espressa previsione normativa, solo con riferimento alle procedure concorsuali avviate dopo il 25 maggio 2021.
La riforma è da accogliere con favore, in quanto assicura una tutela pressoché immediata al creditore che può aver versato un’imposta anche elevata, mai recuperata dal debitore. La norma, tuttavia, non specifica espressamente l’irrilevanza dell’effettiva partecipazione del creditore alla procedura concorsuale – ma si applicherà, comunque, la normativa comunitaria secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia C-146-2019 – e limita la sua portata alle sole procedure concorsuali avviate successivamente alla sua entrata in vigore. Su tali profili potrà nuovamente intervenire il legislatore in sede di conversione, nell’auspicio che il contenuto delle modifiche apportate venga conservato.
Infine l’ Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 20/E del 29 dicembre 2021 fornisce importanti chiarimenti in materia di variazioni in diminuzione dell’imponibile o dell’imposta, illustrando come la novella normativa recata dal decreto “Sostegni-bis”, diversamente dalla previgente disciplina, anticipi la facoltà di rettificare in diminuzione il corrispettivo originariamente fatturato già a partire dall’inizio della procedura concorsuale avviata in capo al debitore, fermo restando la necessità di effettuare un’ulteriore variazione (in aumento) che si rendesse necessaria alla chiusura della stessa.
Di seguito si riepilogano gli aspetti principali trattati dalla suddetta Circolare n. 20/E.
Decorrenza per l’emissione della nota di variazione
All’articolo 26 del decreto Iva, riguardante la variazione dell’imponibile e dell’imposta, il nuovo comma 3-bis prevede che il cedente/prestatore possa emettere la nota di variazione in diminuzione nei confronti del cessionario/committente “a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale”. Il nuovo comma 10-bis chiarisce che la data di apertura della procedura concorsuale si riferisce a quella:
• della sentenza dichiarativa del fallimento,
• del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa,
• del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo,
• del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
Mentre per le procedure concorsuali avviate fino al 25 maggio 2021 la possibilità per il creditore di emettere la nota di variazione, essendo subordinata all’esito infruttuoso della procedura, rimane inevitabilmente procrastinata alla fase di chiusura della stessa, con le nuove disposizioni il legislatore consente di anticiparne l’emissione già alla fase di avvio della procedura, così che il creditore, nelle more della definizione della stessa, non sia gravato dell’Iva riguardante il corrispettivo non percepito.
L’ulteriore variazione in aumento alla chiusura della procedura
Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 26 prevede che nel caso in cui, successivamente all’emissione della nota di variazione in diminuzione, il corrispettivo sia pagato in tutto o in parte, il creditore debba emettere una nota di variazione in aumento così da riallineare le variazioni dell’imponibile al corrispettivo effettivamente percepito.
Tale previsione può considerarsi il recepimento nella normativa nazionale degli orientamenti unionali più volte espressi in tema di variazione dell’imponibile, in base ai quali, al fine di garantire la neutralità dell’imposta, “il calcolo dell’importo di tale rettifica deve far sì che l’importo delle detrazioni infine eseguite corrisponda a quello che il soggetto passivo avrebbe avuto diritto di operare se tale mutamento fosse stato considerato inizialmente” (sentenza 22 febbraio 2018, causa C-396/16, e in senso analogo sentenza 16 giugno 2016, causa C-186/15).
L’insinuazione al passivo
Con la nuova disciplina deve essere anche rivista la condizione, rappresentata già in precedenti documenti di prassi dell’Agenzia, relativa alla “preventiva insinuazione al passivo” del credito insoddisfatto. Alla luce anche di alcuni pronunciamenti della Corte di giustizia europea, viene chiarito che l’emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, la detrazione dell’imposta non incassata, non risulta più preclusa al cedente/prestatore che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente.
Termine ultimo per l’emissione della nota di credito
Per le nuove procedure resta immutato il termine ultimo entro cui poter emettere la nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva corrispondente. Tale termine resta vincolato all’esercizio del diritto alla detrazione di cui all’art. 19 del decreto Iva.
Ciò significa che, qualora nei confronti del cessionario/committente sia stata ufficialmente aperta una procedura concorsuale, il cedente/prestatore potrà emettere la nota di variazione, al più tardi, entro i termini di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto, ovvero l’apertura della procedura.
In sostanza, qualora il debitore sia sottoposto a una procedura concorsuale, il creditore:
• potrà emettere la nota di variazione in diminuzione entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui viene aperta la procedura concorsuale, provvedendo conseguentemente a detrarre l’imposta relativa alla variazione;
• nel caso si sia avvalso della facoltà di cui al punto precedente, è tenuto, ai sensi del comma 5-bis dell’articolo 26, ad emettere la nota di variazione in aumento qualora alla chiusura della procedura concorsuale sia pagato una parte del corrispettivo.
Le modalità di recupero dell’Iva non riscossa
Con un esempio analitico dettagliato la circolare illustra come il cedente/prestatore può recuperare l’Iva relativa alle note di variazione regolarmente emesse per il tramite delle liquidazioni periodiche o della dichiarazione.
Superando in parte quanto previsto nella circolare n. 1/2018, viene specificato che:
• se la nota di variazione in diminuzione sia emessa nell’anno relativo alla data in cui si è verificato il presupposto (apertura della procedura), l’Iva afferente confluirà nella liquidazione mensile o trimestrale relativa al periodo in cui è stata registrata;
• se la nota di variazione sia stata emessa successivamente alla chiusura dell’anno relativo alla data in cui si è verificato il presupposto, purché entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa allo stesso anno (30 aprile dell’anno successivo), l’Iva afferente confluirà nella liquidazione mensile o trimestrale relativa al periodo in cui è stata registrata o, al più tardi, nella dichiarazione relativa all’anno in cui questa è stata registrata.
Gli obblighi in capo al cessionario/committente
Altra novità prevista dal “Sostegni-bis” riguarda gli adempimenti del cessionario o committente soggetto a una procedura concorsuale.
Per le nuove procedure, infatti, il nuovo secondo periodo del comma 5 prevede che la procedura non sia più tenuta ad annotare nel registro delle fatture emesse la nota di variazione in diminuzione ricevuta dal creditore. Ciò comporta, spiega la circolare, che la procedura non è più tenuta al versamento dell’imposta oggetto di rettifica, la quale resta quindi a carico dell’Erario.
In assenza di registrazione della nota di variazione, il debitore – in virtù delle previsioni del comma 5-bis che limitano il diritto alla detrazione a chi “abbia assolto all’obbligo di cui al comma 5” – non potrà conseguentemente registrare l’eventuale ulteriore nota di variazione in aumento emessa dal creditore a seguito della conclusione della procedura e, conseguentemente, non potrà detrarre l’imposta da questa conseguente.
La mancata emissione della nota di variazione
In coerenza con alcune risposte a istanze di interpello, in linea generale viene ribadito che lo spirare del termine previsto dal legislatore per consentire al cedente/prestatore di emettere la nota di variazione non può legittimare, in caso di colpevole inerzia di questo, il ricorso a istituti alternativi finalizzati al recupero dell’Iva corrispondente.
Non è ad esempio ammessa in nessun caso la possibilità di recuperare l’Iva oltre i termini previsti presentando successivamente una dichiarazione integrativa a favore, ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis del Dpr n. 322/1998, contenente la riduzione non operata dell’imposta. Ciò in quanto tale soluzione, oltre a comportare una palese violazione dei termini decadenziali previsti dalla norma, non assicurerebbe il rispetto del principio di neutralità dell’Iva.
Parzialmente diverso è invece il discorso del recupero dell’imposta attraverso il rimborso di cui all’articolo 30-ter del decreto Iva: il ricorso a tale istituto è ammesso solo quando il cedente/prestatore, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere la nota di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del decreto Iva.
2. La dichiarazione di navigazione di alto mare per la non applicazione dell’Iva alle operazioni di cui agli articoli 8bis e 7sexies, comma 1, lettera ebis), D.P.R. 633/1972
L’articolo 1, commi da 708 a 712, L. 178/2020 ha previsto, a partire dal 1° gennaio 2021, l’obbligo per i soggetti che intendono avvalersi della facoltà di effettuare acquisti di navi adibite alla navigazione in alto mare e/o beni e servizi alle stesse riferibili senza applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 8-bis D.P.R. 633/1972, e per gli utilizzatori che intendono fruire di prestazioni di servizi di locazione, anche finanziaria, noleggio e simili non a breve termine di imbarcazioni da diporto ai sensi dell’articolo 7-sexies, comma 1, lett. e-bis), D.P.R. 633/1972, di presentare telematicamente all’Agenzia delle Entrate una dichiarazione attestante il possesso dei requisiti previsti dalla stessa norma.
Ai sensi dell’articolo 8bis, comma 1, lettera d), D.P.R. 633/1972, sono non imponibili Iva con natura operazione N3.4 – operazioni assimilate alle esportazioni, ad esempio, le cessioni di beni destinati a dotazioni di bordo e le forniture destinate al rifornimento e vettovagliamento di navi adibite alla navigazione di alto mare e destinate all’esercizio di attività commerciali o della pesca.
Una nave si considera adibita alla navigazione in alto mare se ha effettuato nell’anno solare precedente o, in caso di primo utilizzo, effettua nell’anno in corso, un numero di viaggi in alto mare superiore al 70%.
Per viaggio in alto mare si intende il tragitto compreso tra due punti di approdo durante il quale è superato il limite delle acque territoriali, calcolato in base alla linea di bassa marea, a prescindere dalla rotta seguita.
I soggetti che intendono avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza pagamento dell’imposta attestano la condizione della navigazione in alto mare mediante apposita dichiarazione.
A partire dal 15 luglio 2021 è possibile trasmettere telematicamente la dichiarazione di possesso dei requisiti per la non applicazione dell’Iva alle operazioni di cui agli articoli 8bis e 7sexies, comma 1, lettera ebis), D.P.R. 633/1972.
La dichiarazione deve essere redatta in conformità al modello approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate (Prot. n. 151377/2021 del 15 giugno 2021) e deve essere trasmessa telematicamente all’Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica con indicazione del protocollo di ricezione.
La dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti.
I soggetti che dichiarano una percentuale determinata provvisoriamente, sulla base dell’uso previsto della nave, verificano, a conclusione dell’anno solare, la sussistenza della condizione dell’effettiva navigazione in alto mare.
Gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione devono essere indicati nelle fatture emesse in base ad essa, ovvero devono essere riportati dall’importatore nella dichiarazione doganale.
Per la compilazione della fattura elettronica, il dato è riportato nel blocco 2.2.1.16 <AltriDatiGestionali>, valorizzando il campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la voce “NAUTICA” e il campo 2.2.1.16.2 <RiferimentoTesto> con il numero del protocollo di ricezione della dichiarazione trasmessa a sistema e consultabile nella propria area riservata sul sito dell’Agenzia delle entrate.
Gli estremi del protocollo telematico di ricezione e i dati della dichiarazione sono resi disponibili, dopo il rilascio della ricevuta di invio, nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle entrate sia al soggetto dichiarante che, per la parte dei dati ad esso riferiti, al soggetto indicato in dichiarazione come parte contraente (cedente/prestatore).
Le operazioni per le quali sono applicabili le disposizioni di cui ai commi da 708 a 710 della L. 178/2020 sulla base della dichiarazione presentata sono quelle per le quali la data della fattura decorre dal sessantesimo giorno successivo all’adozione del provvedimento Prot. n. 151377/2021 del 15.06.2021 (vale a dire con data fattura a partire dal 14 agosto 2021).
Compilazione del Modello
Il modello è disponibile sul seguente sito internet dell’Agenzia delle Entrate:
https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/modello-istruzioni-dichiarazioni-imbarcazioni
Per entrambe le tipologie di operazioni si utilizza lo stesso modello, con indicazione dei dati, però, in quadri separati.
Il quadro A è relativo alla dichiarazione della percentuale di utilizzo dei servizi di locazione, anche finanziaria, noleggio e simili non a breve termine, nel territorio della UE, di imbarcazioni da diporto, ai sensi dell’articolo 7-sexies, comma 1, lett. e-bis), D.P.R. 633/1972.
Nel quadro B, relativo alla dichiarazione di navigazione in alto mare ai fini della non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis D.P.R. 633/1972, si riportano le seguenti informazioni:
• i dati che identificano la nave;
• la dichiarazione di intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell’Iva, indicando l’anno di riferimento;
• l’attestazione dell’effettuazione di un numero di viaggi in alto mare superiore al 70% del totale nell’anno solare precedente o in quello in corso al momento della dichiarazione; in caso di periodi inferiori all’anno, le date di inizio e fine del periodo stesso;
• l’attestazione del possesso dei documenti richiesti ai fini della dimostrazione della sussistenza della condizione di navigazione in alto mare.
Nella sezione II, occorre indicare il codice fiscale della parte contraente (cedente/prestatore) con riferimento alla singola nave a cui l’operazione si riferisce.
L’articolo 7, comma 4 ter, D.Lgs. 471/1997 dispone, infine, che è punito con la sanzione prevista al comma 3 (sanzione amministrativa dal 100 al 200% dell’imposta), il cedente o prestatore che effettua cessioni o prestazioni, di cui all’articolo 8-bis, comma 1, D.P.R. 633/1972, senza avere mai riscontrato per via telematica l’avvenuta presentazione all’Agenzia delle entrate della dichiarazione di cui all’articolo 8-bis, comma 3 del medesimo decreto.
3. Fatturazione elettronica nelle operazioni con San Marino
L’art. 12, D.L. 34/2019 prevede che gli adempimenti relativi ai rapporti di scambio con la Repubblica di San Marino, previsti dal decreto del Mef del 24 dicembre 1993, sono eseguiti in via elettronica.
Il D.M. del 21 giugno 2021 dà attuazione alla citata disposizione, prevedendo che la stessa trovi applicazione a far data dal 1° ottobre 2021; peraltro esso prevede che, sino al 30 giugno 2022, per le cessioni di beni effettuate nell’ambito dei rapporti di scambio tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino, la fattura possa essere emessa e ricevuta in formato elettronico o in formato cartaceo. A decorrere dal 1° luglio 2022 le fatture saranno invece emesse e accettate solo in formato elettronico.
Per quanto riguarda le prestazioni di servizi è data facoltà agli operatori nazionali di utilizzare la fattura elettronica per le operazioni effettuate nei confronti di operatori economici sammarinesi che abbiano fornito il numero di identificazione Iva attribuito dall’ufficio tributario della Repubblica di San Marino.
Tanto l’art. 12, D.L. 34/2019 quanto l’art. 21 del più recente D.M. 21 giugno 2021 rinviano a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione delle regole tecniche per l’attuazione della nuova disciplina. Con questo provvedimento vengono individuate le regole tecniche necessarie all’attuazione delle disposizioni menzionate, rinviando, per quanto non altrimenti disciplinato, ai provvedimenti precedentemente emanati (in particolare al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018).
Tali regole sono appunto contenute nel provvedimento del 5 agosto 2021, secondo il quale l’ufficio tributario di San Marino trasmette le fatture elettroniche dei cedenti/prestatori della Repubblica di San Marino e riceve le fatture elettroniche dei cedenti/prestatori italiani. L’ufficio tributario di San Marino è accreditato come nodo attestato al Sistema di Interscambio e l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente per l’effettuazione dei controlli sulle fatture inviate dall’ufficio tributario di San Marino è la Direzione provinciale di Pesaro-Urbino.
È data facoltà di emettere fattura elettronica, attraverso il Sistema di Interscambio (SdI), anche per le prestazioni di servizi effettuate da operatori nazionali nei confronti degli operatori economici che abbiano comunicato il numero di identificazione agli stessi attribuito dalla Repubblica di San Marino. Il Sistema di Interscambio (SdI) trasmette la fattura elettronica all’ufficio tributario della Repubblica di San Marino, che la inoltra al committente.
Si ricorda inoltre che, in data 31 agosto 2021, l’Ufficio Tributario di San Marino ha reso noto il codice destinatario che dovrà essere utilizzato per le fatture elettroniche relative ai rapporti di scambio con la Repubblica italiana: 2R4GTO8.
4. Modifiche al regime Iva del commercio elettronico
Le nuove regole dell’e-commerce
Dal 1° luglio 2021 sono in vigore le nuove regole applicabili a e-commerce e vendite a distanza, finalizzate a semplificare la procedura per effettuare i relativi adempimenti fiscali. Le novità sono contenute nel D. Lgs. 25.5.2021, n. 83 con cui sono state recepite le disposizioni introdotte con gli art. 2 e 3, Direttiva UE 2017/2455/UE e con la Direttiva 1995/2019/UE, che hanno apportato modifiche alla Direttiva 28.11.2006, n. 112/2006/CE e alla Direttiva 2009/132/CE (cd. «pacchetto Iva sul commercio elettronico»).
Il decreto Mef 12.07.2021 disciplina le modalità di riscossione e ripartizione dell’Iva versata dai soggetti che aderiscono ai nuovi regimi speciali «One Stop Shop» (OSS) e «import One Stop Shop» (iOSS), disciplinati dagli artt. 74-quinquies, 74-sexies e 74-sexies.1, D.P.R. 633/1972. Poiché i nuovi regimi OSS e iOSS costituiscono un’estensione del precedente regime MOSS (applicabile alle prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici), il decreto di fatto conferma le modalità di versamento e ripartizione dell’Iva già previste dal D.M. 20.4.2015 per i soggetti che aderivano al mini sportello unico, limitandosi a modificare quest’ultimo decreto per sostituire il riferimento al MOSS con il riferimento all’OSS e all’iOSS.
Con il provv. 168315/2021 l’Agenzia delle Entrate individua nel Centro Operativo di Pescara la competenza per i controlli sui nuovi adempimenti.
In sintesi, le novità riguardano:
• l’abolizione delle precedenti soglie di riferimento (franchigie) per la territorialità Iva delle vendite a distanza e l’introduzione di una nuova soglia unica, a livello unionale, pari a 10 mila euro annui, oltre la quale le vendite sono rilevanti nello Stato di destinazione dei beni;
• l’estensione del regime speciale del MOSS («Mini One Stop Shop»), che quindi viene ridenominato «One Stop Shop» (OSS o sportello unico), ad ulteriori tipologie di operazioni, così da comprendere, oltre alle prestazioni di servizi «TTE» (di telecomunicazione, di tele-radiodiffusione, di commercio elettronico diretto), anche le prestazioni di servizi B2C («business to consumer») nella UE e le vendite a distanza intra-UE di beni;
• l’introduzione di nuovi obblighi per le interfacce elettroniche che facilitano talune vendite a distanza di beni nella UE, le quali si considerano fornitori presunti (finzione giuridica) nelle cessioni di beni facilitate;
• l’abolizione dell’esenzione Iva per le merci di valore trascurabile (fino a 22 euro; 10 euro per alcuni Paesi membri) importate nella UE e l’introduzione del nuovo regime «import One Stop Shop» (iOSS o sportello unico per le importazioni), per semplificare l’assolvimento dell’Iva in relazione alle vendite a distanza di beni importati di valore non superiore a 150,00 euro.
Le imprese, sia comunitarie che extra-UE, potranno scegliere un sistema uniforme, «sportello unico», per dichiarare e versare l’imposta dovuta nel solo Stato membro di registrazione/identificazione, relativamente alle forniture transfrontaliere di merci e servizi. Il beneficio consiste, tra l’altro, nel potersi rapportare, in primis, con l’Amministrazione fiscale del proprio Stato membro e nella propria lingua. Diversamente, senza l’adesione agli speciali regimi, gli operatori economici dovranno identificarsi ai fini Iva in ogni Paese di consumo. Infatti, l’adesione ai regimi relativi allo sportello unico consentirà di dichiarare e versare trimestralmente (mensilmente per le importazioni) l’imposta di ciascuno Stato estero, nella misura in cui si applica all’insieme delle spedizioni in partenza da un Paese UE o dei servizi rilevanti territorialmente nei vari Paesi UE (diverso da quello di stabilimento, tranne nel caso delle interfacce elettroniche).
Le nuove norme non modificano il luogo di prestazione di tali servizi, ma offrono soltanto una procedura semplificata per effettuare i relativi adempimenti fiscali.
Vendite a distanza (regole fino al 30 giugno 2021)
Nel regime in vigore fino al 30.06.2021, le vendite a privati consumatori (precisamente: cessionari non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari) sono imponibili nello Stato di partenza dei beni.
Però, per le vendite effettuate per cataloghi, per corrispondenza o via Internet (cd. vendite a distanza):
• se queste restavano sotto un determinato limite di fatturato fissato dal Paese di destinazione, erano imponibili nel Paese di partenza (art. 41, co. 1, lett. b, D.L. 331/1993; per gli acquisti si veda l’art. 40, co. 3 e 4, D.L. 331/1993);
• oltre detta soglia (a partire dalla vendita che determina il superamento del limite, nonché per tutto l’anno successivo) diventavano imponibili nel Paese di destinazione. Per l’assolvimento dell’imposta era richiesto che il cedente di altro Paese UE fosse identificato ai fini Iva in Italia mediante un rappresentante fiscale (art. 17, co. 3, D.P.R. 633/1972) ovvero direttamente (ai sensi dell’art. 35-ter, D.P.R. 633/1972).
La citata lettera b) dell’articolo 41 prevede che «è ammessa l’opzione per l’applicazione dell’imposta nell’altro Stato membro dandone comunicazione all’ufficio nella dichiarazione, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, relativa all’anno precedente ovvero nella dichiarazione di inizio dell’attività o comunque anteriormente all’effettuazione della prima operazione non imponibile. L’opzione ha effetto, se esercitata nella dichiarazione relativa all’anno precedente, dal 1° gennaio dell’anno in corso e, negli altri casi, dal momento in cui è esercitata, fino a quando non sia revocata e, in ogni caso, fino al compimento del biennio successivo all’anno solare nel corso del quale è esercitata; la revoca dev’essere comunicata all’ufficio nella dichiarazione annuale ed ha effetto dall’anno in corso».
Dal regime delle vendite a distanza sono escluse le cessioni di beni soggetti ad accisa, di mezzi di trasporto nuovi e di quelli per i quali la cessione avviene previa installazione o montaggio o assiemaggio da parte del fornitore o per suo conto.
Come era stato precisato dall’art. 11-quater, D.L. 35/2005, le modalità di effettuazione dell’ordine di acquisto (fax, telefono, e-mail, oppure direttamente presso il punto vendita del cedente ecc.) sono irrilevanti, mentre rileva il fatto che i beni siano spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro (C.M. 13.6.2006, n. 20/E).
A partire dalle operazioni effettuate dal 1° luglio 2021 le soglie, entro cui si applica il regime del Paese di partenza (salva l’opzione per l’imponibilità nel Paese di destino), sono state unificate per tutti i Paesi della UE. Viene, infatti, fissata un’unica soglia di fatturato pari a 10 mila euro per il totale delle vendite effettuate in tutti gli Stati UE (computando anche i servizi digitali resi a privati consumatori, cd. servizi TTE), superata la quale la tassazione è quella del Paese di destino. Si precisa che la soglia di 10 mila euro opera solo per gli operatori stabiliti in un Paese membro della UE.
L’obiettivo della norma è quello di far pagare al consumatore l’imposta del luogo di consumo, individuato come quello cui è destinata la spedizione.
Detta imposta sarà dovuta allo Stato di destino, e con l’aliquota prevista da quest’ultimo Stato. Infatti:
• il riformulato art. 33, Direttiva 112/2006/CE stabilisce che è considerato luogo di cessione delle vendite a distanza intracomunitarie di beni il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto dei beni a destinazione dell’acquirente;
• l’art. 59-quater, Direttiva 112/2006/CE prevede che le regole di cui all’articolo 33 (vendite a distanza di beni) e dell’articolo 58 (servizi TTE) – secondo cui l’Iva è dovuta, rispettivamente, nel Paese di destino della merce e in quello di residenza del committente – non si applicano (e quindi l’imposta è dovuta nel Paese di partenza/di stabilimento del fornitore) se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) il fornitore/prestatore è stabilito o, in mancanza di un luogo di stabilimento, ha l’indirizzo permanente o la residenza abituale in un solo Stato membro;
b) i servizi sono prestati a persone che non sono soggetti passivi e sono stabilite, hanno l’indirizzo permanente o la residenza abituale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di cui alla lettera a), oppure i beni sono spediti o trasportati in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di cui alla lettera a);
c) il valore totale, al netto dell’Iva, delle prestazioni o delle cessioni di cui alla lettera b) non supera, nell’anno civile corrente, 10 mila euro, o il controvalore in moneta nazionale, e non lo ha superato nel corso dell’anno civile precedente. Se nell’anno civile è superata la soglia, la tassazione nel Paese di destino si applica da tale data (ossia, a partire dall’operazione che genera il superamento della soglia, nonché per l’intero anno successivo), fermo restando il diritto di optare per l’applicazione dell’imposta nello Stato membro di destino anche in assenza del superamento della soglia. L’opzione vincola il soggetto passivo per almeno due anni civili.
Differentemente da quanto succedeva per le vendite per corrispondenza, l’opzione è unica e vincola il soggetto passivo per le operazioni effettuate in tutti gli Stati membri (sia per le vendite a distanza, sia per i servizi TTE).
Inoltre, l’art. 14, paragrafo 4, Direttiva 112/2006/CE modifica la definizione di vendite a distanza intracomunitarie di beni: «cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente». Questa definizione trova ora collocazione, nell’ordinamento nazionale, nel nuovo art. 38-bis, D.L. 331/1993.
Regime OSS
Al fine di facilitare gli adempimenti degli operatori economici che, avendo superato la soglia di 10 mila euro (o che hanno optato per l’imponibilità a destino), devono assolvere l’Iva nel Paese del consumatore, è stata estesa la possibilità di aderire al regime OSS (oltre ai servizi TTE verso privati, già inclusi nel precedente regime MOSS):
• alle vendite a distanza di beni, a prescindere se i beni partono o meno dall’Italia;
• alla generalità delle prestazioni di servizi B2C territorialmente rilevanti in altro Paese UE.Con l’adesione al regime OSS (analogamente a quanto avveniva con l’iscrizione al regime MOSS) si evita di dover assumere un numero di identificazione Iva in ogni Stato membro nel quale l’operazione si considera effettuata ai fini Iva. Infatti, con il numero di identificazione (cd. numero di partita Iva) del Paese dello stabilimento (Italia) il soggetto passivo può:• applicare l’Iva di ciascun Stato membro in cui l’operazione si considera effettuata;
• dichiarare all’Amministrazione finanziaria del proprio Stato membro di stabilimento (entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento) l’ammontare complessivo dell’Iva dovuta per tutte le operazioni effettuate negli altri Paesi UE in ciascun trimestre solare. Nella dichiarazione trimestrale (che va trasmessa anche in assenza di operazioni) vengono dettagliati gli ammontari, divisi per aliquota, delle operazioni effettuate nei vari Stati membri;
• versare cumulativamente (entro il 30 del mese successivo al trimestre di riferimento) l’imposta dovuta nel proprio Stato membro di stabilimento, lasciando che sia l’Amministrazione finanziaria ricevente la dichiarazione trimestrale ad effettuare i trasferimenti dei fondi spettanti a ciascuno Stato membro. In sede di versamento effettuato nell’ambito del regime OSS non è consentito portare in detrazione l’Iva assolta in Italia o all’estero, ferme restando le modalità ordinarie. Il versamento va effettuato attraverso l’area riservata sul sito dell’Agenzia delle Entrate e senza potersi avvalere della compensazione.
L’iscrizione al sistema OSS ha efficacia dal primo giorno del trimestre successivo a quello di presentazione della domanda. Se l’operatore ha effettuato prestazioni prima di tale data, il regime decorre da tale data, sempre che la comunicazione venga effettuata entro il giorno 10 del mese successivo. Qualora la registrazione non venga effettuata entro tali termini, è necessaria l’identificazione nello Stato di destino ovvero la nomina di un rappresentante fiscale. Nell’iscrizione viene chiesto, oltre ai normali dati, se il soggetto passivo è stabilito anche in altri Stati comunitari nel senso che qui ha delle stabili organizzazioni.
Ai fini Iva, le vendite online (di commercio elettronico diretto e indiretto) nei rapporti B2C sono qualificate dal nostro ordinamento come vendite a distanza (o vendite per corrispondenza), per cui godono dell’esonero sia dall’emissione della fattura (art. 22, co. 1, n. 1, D.P.R. 633/1972) sia dalla certificazione dei corrispettivi mediante registratori telematici (articolo 2, comma 1, lett. oo), D.P.R. 696/1996). Resta fermo l’obbligo di annotazione dei corrispettivi nel registro di cui all’art. 24, D.P.R. 633/1972. L’esonero previsto in Italia è applicabile dal soggetto iscritto al regime OSS in Italia anche per le operazioni effettuate negli altri Paesi UE.
Interfacce elettroniche
I soggetti passivi che facilitano (art. 5-ter, Regolamento UE 282/2011), tramite l’uso di un’interfaccia elettronica:
• vendite a distanza di beni importati con spedizioni di valore fino a 150 euro,
• cessioni da un soggetto extra-UE nei confronti di privati UE,
si qualificano, ai fini Iva (si tratta di una finzione giuridica), come fornitori «presunti» (art. 2-bis, D.P.R. 633/1972). Pertanto, l’operazione unica (dal punto di vista economico e giuridico) viene scomposta in due distinte operazioni: la prima tra il fornitore e il facilitatore, e la seconda tra quest’ultimo e il privato acquirente finale.
Il coinvolgimento nella riscossione dei soggetti che, attraverso le piattaforme elettroniche, facilitano le vendite a distanza intra-UE da parte di soggetti non stabiliti nell’UE, assicura l’effettiva riscossione dell’Iva e riduce l’onere amministrativo per i venditori. L’interfaccia potrà poi accedere a semplificazioni ai fini dello sdoganamento di merce di scarso valore. Il fornitore, inoltre, verrebbe dispensato dall’aprire una partita Iva nella UE, giacché l’interfaccia agirebbe da «fornitore presunto» fatturando al cliente finale e applicando l’Iva del Paese di destino.
La Direttiva 1995/2019/UE ha introdotto i seguenti criteri, necessari per applicare l’Iva a tali operazioni:
• ai fini della determinazione del luogo di effettuazione, la spedizione o il trasporto dei beni, va imputato alla seconda cessione (dal facilitatore al consumatore);
• entrambe le cessioni si considerano effettuate nel momento in cui il pagamento è stato accettato (art. 41-bis, Regolamento UE 282/2011);
• la prima cessione (dal fornitore al facilitatore) non è imponibile (precisamente: esente ai sensi dell’art. 10, co. 3, D.P.R. 633/1972), fermo restando il diritto alla detrazione per gli acquisti a monte;
• i soggetti che facilitano le vendite di beni importati sono autorizzati all’utilizzo dell’OSS anche per le vendite nel proprio Stato (il MOSS era inibito per le vendite domestiche).
Il nuovo regime opera dal 1° luglio 2021, senza che sia stato previsto un periodo transitorio. Pertanto, il meccanismo in esame si applica anche per gli ordini (o acquisti) effettuati entro il 30 giugno 2021 ma importati o ceduti da soggetti extra-UE a partire dal 1° luglio 2021.
Regime IOSS
Viene abolita l’esenzione Iva per le merci importate di valore trascurabile, ossia fino a 22 euro (l’art. 6, D.L. 83/2021 ha abrogato l’art. 5, D.M. 5.12.1997, n. 489, che, per le merci il cui valore intrinseco non eccede complessivamente 22 euro per spedizione, prevede la franchigia dai diritti doganali. Resta applicabile la franchigia di 150 euro solo ai fini dei dazi). In questo modo le imprese vengono poste sullo stesso piano concorrenziale dei fornitori extra-UE, giacché il consumatore finale si vedeva applicare l’Iva del Paese di destino dal fornitore del suo stesso Paese o da un fornitore di altro Paese UE, ma non avrebbe dovuto versare l’imposta in caso di importazione.
Poiché dal 1° luglio 2021 l’Iva è dovuta su tutti i beni commerciali importati nell’UE indipendentemente dal loro valore, per agevolare la dichiarazione e il pagamento dell’Iva dovuta sulla vendita di beni di valore modesto è stato creato un regime speciale per le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o Paesi terzi nell’UE.
Questo regime, più comunemente denominato «regime di importazione», consente ai fornitori, che vendono beni spediti o trasportati da un Paese terzo o un territorio terzo ad acquirenti nell’UE, di riscuotere presso l’acquirente l’Iva sulle vendite a distanza di beni di valore modesto importati e di dichiarare e versare tale Iva tramite lo sportello unico per le importazioni (iOSS). Se si ricorre all’iOSS, l’importazione (immissione in libera pratica) di beni di valore modesto (beni aventi un valore intrinseco non superiore a 150 euro) nell’UE è esente da Iva (art. 68, co. 1, lett. g-ter, D.P.R. 633/1972).
L’imposta è dovuta come parte del prezzo di acquisto dall’acquirente. Per quanto riguarda le merci importate con un valore intrinseco superiore a 150 euro non sono previste modifiche alla riscossione dei dazi doganali e dell’Iva.
Grazie all’adesione al regime IOSS, il soggetto passivo che si qualifica come importatore potrà:
• effettuare importazioni con il proprio numero di identificazione Iva presso qualunque Stato membro. Le merci saranno immesse in libera pratica in qualsiasi Stato membro, a prescindere dallo Stato della UE a cui sono destinate. Dato che l’imposta sarà versata dall’importatore all’atto della cessione al cliente, comunicando lo speciale numero di identificazione al sistema iOSS l’importazione sarà esente (art. 143, lett. c-bis), Direttiva 112/2006/CE);
• effettuare le cessioni di beni verso i clienti senza doversi identificare in ogni Paese membro in cui risiedono i clienti. L’Iva sarà dovuta sulla base dell’aliquota del Paese del cliente;
• presentare una dichiarazione mensile allo Stato di identificazione (Stato membro in cui il soggetto passivo è registrato ai fini dello sportello unico e in cui dichiara e versa l’Iva dovuta in uno o più Stati membri di consumo) e versare cumulativamente le imposte dovute per tutte le operazioni effettuate ed incassate.
I soggetti che si avvalgono del regime speciale sono dispensati dagli obblighi di fatturazione, registrazione, dichiarazione annuale, che s’intendono assorbiti dalla dichiarazione mensile.
5. Modernizzazione del sistema comune dell’IVA – Recepimento dei “quick fixes” – DLgs. n. 192/2021
È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30.11.2021 n. 285 il D. Lgs. 5.11.2021 n. 192, che recepisce nell’ordinamento interno i c.d. “2020 quick fixes”, integrando e modificando alcune disposizioni del D.L. 331/93 riguardanti le cessioni e gli acquisti intracomunitari di beni.
In particolare, con il decreto in parola, che entra in vigore il 01.12.2021:
– vengono introdotte due nuove condizioni per l’applicazione del regime di non imponibilità IVA alle cessioni intra-UE, vale a dire la necessità che il cessionario comunichi al cedente il numero identificativo IVA e che il cedente compili gli elenchi INTRASTAT o ne giustifichi la mancata compilazione (art. 41 co. 2-ter del DL 331/93);
– viene recepita la disciplina armonizzata per le operazioni in regime di call-off stock, sia per gli acquisti che per le cessioni di beni (artt. 38-ter e 41-bis del DL 331/93), anche se l’Agenzia delle Entrate aveva già riconosciuto l’applicazione del regime semplificativo denominandolo “consignment stock” (R.M. nn. 235/96 e 44/2000);
– vengono regolate le “cessioni a catena” (art. 41-ter del DL 331/93), ossia le cessioni successive di beni oggetto di un’unica spedizione o trasporto da uno Stato membro a un altro, individuando la cessione che, tra quelle della catena, è soggetta al regime di non imponibilità IVA.
Si ricorda, invece, che le regole armonizzate in tema di prova del trasporto dei beni nelle cessioni intra Ue (art. 45-bis del Reg. UE 282/2011) sono già efficaci dall’1.1.2020.
Cinque requisiti per le cessioni intracomunitarie di beni
Di primaria rilevanza è l’introduzione (art. 41 comma 2-ter) di due ferme condizioni affinché a una cessione di beni si possa riconoscere l’applicazione del regime di non imponibilità ai fini IVA, ossia che:
– il cessionario comunitario abbia comunicato al cedente nazionale il numero identificativo IVA attribuitogli da uno Stato membro diverso dall’Italia;
– il cedente nazionale abbia compilato l’elenco riepilogativo INTRASTAT (art. 50, comma 6) o ne abbia debitamente giustificato l’incompleta o mancata compilazione.
A seguito dell’emanazione del decreto, inoltre, la disciplina armonizzata per le operazioni in regime di “call-off stock” (art. 17-bis della direttiva 2006/112/Ce) trova collocazione rispettivamente nel nuovo art. 38-ter del DL 331/93 per gli acquisti intra-Ue e nel neo introdotto art. 41-bis del DL 331/93 per le cessioni all’interno dell’Unione. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate aveva già da tempo riconosciuto l’applicazione del regime semplificativo in parola, seppure denominandolo “consignment stock” (R.M. nn. 235/96 e 44/2000).
Le disposizioni attribuiscono effetti sospensivi al trasferimento in altro Stato membro di beni propri per la costituzione di uno stock, fino a che il destinatario presso il quale detto stock è posto, prelevando le merci, non ne divenga proprietario. Ne consegue che, al verificarsi di determinati presupposti, colui il quale trasferisce la giacenza non è tenuto a identificarsi ai fini IVA nello Stato di destinazione delle merci (come prescritto in via ordinaria dall’art. 41, comma 2, lett. c) del DL 331/93).
Pertanto, ad esempio, con riferimento al citato art. 41-bis, il soggetto passivo IVA italiano pone in essere una cessione intra-Ue di beni se sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:
– i beni sono spediti o trasportati dal soggetto passivo nazionale (o da un terzo per suo conto) dall’Italia a destinazione di un altro Stato membro, in previsione del fatto che, dopo il loro arrivo, detti beni saranno ceduti a un altro soggetto passivo che ha diritto di acquistarli in conformità di un accordo preesistente tra le spesse parti;
– il soggetto passivo nazionale non ha la sede della propria attività o una stabile organizzazione nello Stato membro in cui i beni sono spediti;
– il soggetto comunitario destinatario è identificato ai fini IVA nello Stato membro in cui i beni sono spediti o trasportati e la sua identità e il numero di identificazione sono noti al soggetto passivo italiano nel momento in cui ha inizio la spedizione o il trasporto dei beni;
– il soggetto nazionale che spedisce o trasporta i beni annota detto trasferimento nel registro di cui all’art. 50, comma 5-bis del DL 331/93 e inserisce l’identità e il numero identificativo IVA del soggetto destinatario negli elenchi INTRASTAT delle cessioni intra-Ue.
La cessione, tuttavia, ha luogo se e quando la proprietà delle merci è trasferita all’acquirente Ue, ovvero allo scadere del termine massimo di 12 mesi dall’arrivo nell’altro Stato membro. Viceversa, non ha luogo alcuna cessione qualora, entro il predetto termine, i beni sono rispediti in Italia e il soggetto nazionale ne annota il ritorno nel registro di cui all’art. 50, comma 5-bis del DL 331/93.
In ultimo, il nuovo art. 41-ter regola le cessioni a catena, ossia quelle cessioni successive di beni che sono oggetto di un’unica spedizione o trasporto – da uno Stato membro a un altro – direttamente dal primo cedente all’ultimo acquirente. Per quelle cessioni successive il cui trasporto inizia in Italia ed è effettuato da un operatore intermedio (un cedente diverso dal primo cedente), l’operazione non imponibile è quella effettuata nei confronti di detto operatore intermedio, salvo che questi non comunichi al suo fornitore un numero di partita IVA italiano; in tal caso, ha natura di cessione intra-Ue non imponibile quella posta in essere dall’operatore intermedio.
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