Area Lavoro – Legge 30 dicembre 2024 n. 207 (Legge di Bilancio per il 2025) e Legge 28 dicembre 2024 n. 203 (“c.d. Collegato Lavoro”)

Legge Bilancio 2025 E Collegato Lavoro

In data 30.12.2024, è stata approvata la Legge di Bilancio per l’anno 2025 (Legge n. 207/2024) che ha introdotto alcune rilevanti novità per il lavoro e per le politiche sociali. Tra le principali novelle, si evidenzia ad esempio la modifica del regime del cuneo fiscale nonché le disposizioni a sostegno della genitorialità e delle famiglie.

Importanti novità in materia di diritto del lavoro inoltre, sono intervenute anche con la pubblicazione in G.U. il 28 dicembre 2024 della Legge 203/2024 (Collegato Lavoro 2025), cha a partire dal 12 gennaio 2025 introduce una serie di nuove norme destinate a incidere significativamente sulle relazioni tra lavoratori e datori di lavoro, apportando ulteriore flessibilità per le imprese nella gestione dei contratti di lavoro e maggiore equità e tutele per i lavoratori.
Si precisa che alcune disposizioni rinviano a Decreti attuativi di futura emanazione.

La presente circolare si propone l’obiettivo di realizzare una prima rassegna sintetica delle novità più significative portate dalle Leggi sopra richiamate.

LEGGE DI BILANCIO PER IL 2025 – Legge 30 dicembre 2024 n. 207

1. RIFORMA IRPEF 2025

1.1 Stabilizzazione dall’1.1.2025 delle misure in vigore

Con la Legge di Bilancio 2025 (art 1, commi 2-11 per i lavoratori dipendenti), il Legislatore ha messo mano all’Irpef realizzando in questa occasione una revisione molto più vasta ed articolata rispetto al passato, partendo innanzi tutto dal rendere stabili alcune norme particolarmente significative, quali ad esempio quelle relative agli scaglioni Irpef e alle detrazioni per lavoro dipendente.

1.1a Scaglioni Irpef (art. 1 comma 2 lett a)

Il primo intervento, ha riguardato l’articolo 11 comma 1 del Tuir. Rispetto al 2024 le aliquote e gli scaglioni non sono stati modificati. La novità è che sono diventati stabili:
• fino a 28.000 euro, 23%;
• oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;
• oltre 50.000 euro, 43%.

1.1b Detrazioni per lavoro dipendente (art. 1 comma 2 lett b)

Viene cristallizzato anche l’aumento di 75 euro della detrazione per lavoro dipendente per i redditi fino a 15.000 euro (articolo 13 comma 1 lettera a) primo periodo del Tuir) che quindi viene fissata definitivamente a 1.955 euro. In questo modo l’area di esenzione Irpef risulta pari a 8.500 euro.

Rimane inviato l’importo minimo della detrazione annua (690 euro) aumentato a 1380 euro per i rapporti a tempo determinato.

1.1c Adeguamento del trattamento integrativo (art. 1 comma 3)

In materia di trattamento integrativo, la norma su cui si è operato è l’articolo 1 comma 1 primo periodo del Dl n. 3/2020.

Uno dei requisiti per godere del trattamento integrativo è la capienza dell’imposta lorda calcolata sui redditi di lavoro dipendente.

Considerato che l’area di esenzione è stata (definitivamente) elevata con l’aumento di 75 euro della detrazione, d’ora in avanti il trattamento spetterà a condizione che l’imposta lorda determinata sui redditi di cui agli articoli 49 – con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del Tuir – sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del citato Tuir diminuita dell’importo di 75 euro rapportato al periodo di lavoro nell’anno.

1.2 Bonus lavoro dipendente (art. 1 commi 4 e 5)

Il comma 4 della Legge di Bilancio, pur non intervenendo sul Tuir, introduce un “bonus” per i titolari di reddito di lavoro dipendente (“Ai titolari di reddito di lavoro dipendente di cui all’articolo 49 del TUIR, con esclusione di quelli indicati alla lettera a) del comma 2 del medesimo articolo 49”, cioè dei redditi da pensione) con un reddito complessivo fino a 20.000 euro.

La somma riconosciuta, che non concorre alla formazione del reddito, è determinata applicando al reddito di lavoro dipendente del contribuente la percentuale corrispondente di seguito indicata:
a) 7,1%, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro;
b) 5,3%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro;
c) 4,8%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 15.000 euro.

Il reddito di lavoro dipendente è rapportato all’intero anno.

Sotto sono riportati gli importi massimi annui che si ottengono per ciascun scaglione.

Scaglione%Val. Max Bonus
8.000 euro 7,10%603,5 euro
15.000 euro 5,30%795,00
20.000 euro 4,80%960,00

Da notare che la spettanza del Bonus è subordinata alla consistenza del reddito complessivo (che dovrà essere necessariamente non superiore a 20.000,00 €/anno), mentre la misura del Bonus è collegata alla consistenza del reddito da lavoro dipendente, secondo gli scaglioni indicati dalla Legge.
E’ evidente che il richiamo al reddito complessivo finirà per escludere dal Bonus quei dipendenti che hanno proventi reddituali ulteriori a quelli originati dal rapporto di lavoro, se capaci di superare complessivamente il limite reddituale di 20.000,00 €/anno.

Ai fini della determinazione del reddito complessivo e del reddito di lavoro dipendente rileva anche la quota esente del reddito agevolato ai sensi:
• dell’articolo 44 comma 1 del Dl 78/2010 (incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero)
• dell’articolo 16 del Dlgs 147/2015 e dell’articolo 5 del decreto Dlgs 209/2003 (regime fiscale agevolativo per i lavoratori impatriati).
Dal reddito complessivo deve essere escluso quello relativo all’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.
Non è attualmente chiara la concorrenza al predetto reddito complessivo dei premi di risultato tassati con l’imposta sostitutiva del 5%.

Il Bonus sarà anticipato dal datore di lavoro e recuperato mediante compensazione in F24.

1.3 Ulteriore detrazione per lavoro dipendente (comma 6).

La Legge di bilancio al comma 6, istituisce anche una ulteriore detrazione per lavoro dipendente destinata ai soggetti di cui all’articolo 49 del Tuir (esclusi i pensionati) che hanno un reddito complessivo compreso tra 20.000,00 e 40.000,00 euro, ai quali spetta un’ulteriore detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro, di importo pari:

a) a 1.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 32.000 euro;

b) al prodotto tra 1.000 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 8.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 32.000 euro ma 40.000 euro.

In formula: 1.000,00 * (40.000,00 – RC) / 8.000,00

La consistenza del reddito complessivo è determinante sia al fine della spettanza che della misura della qui commentata “ulteriore detrazione”.
Per la determinazione del reddito complessivo valgono le precisazioni di cui al paragrafo precedente.

Sia con riguardo al Bonus di cui al comma 4 (bonus lavoro dipendente) che alla “ulteriore detrazione” di cui al comma 6, qui presa in esame, i sostituti d’imposta sono tenuti a riconoscere in via automatica questi importi all’atto dell’erogazione delle retribuzioni mensili e verificano in sede di conguaglio la spettanza delle stesse.
Se in sede di conguaglio l’importo risulterà non spettante, i medesimi sostituti d’imposta provvederanno al recupero del relativo importo.
Se il recupero è superiore a 60 euro, dovrà essere effettuato in 10 rate di pari ammontare a partire dalla prima retribuzione alla quale si applicano gli effetti del conguaglio.

I sostituti d’imposta compensano il credito maturato mediante l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio n. 241.

“Bonus”, “ulteriore detrazione” ed esonero contributivo ex Legge di Bilancio 2024
La Legge di Bilancio 2024 aveva previsto che, in via eccezionale, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, per i rapporti di lavoro dipendente (con esclusione dei rapporti di lavoro domestico), fosse riconosciuto un esonero, sulla quota dei contributi previdenziali IVS a carico del lavoratore di 7 punti percentuali, o di 6 punti percentuali, a condizione che la retribuzione imponibile mensile fosse rispettivamente non superiore a 1.923,00 € o compresa tra 1.924,00 e 2.692,00 €.
Questa misura, valevole per l’anno 2024 non è stata prorogata dalla Legge di Bilancio 2025 che, invece, ha ritenuto di sostituirla con l’illustrato strumento del Bonus (art 1 Commi 4-5) e dell’”ulteriore detrazione” (art 1 Comma 6).
Va notato che mentre la spettanza dell’esonero contributivo IVS a beneficio del dipendente era legata alla (sola) consistenza della retribuzione mensile, la spettanza del Bonus e dell’”ulteriore detrazione” è invece legata alla consistenza del reddito complessivo, in cui – per definizione – rientrano anche le componenti reddituali ulteriori a quelle derivanti dal rapporto di lavoro dipendente.

1.4 limite alle detrazioni per Oneri, con riferimento ai percettori di redditi complessivamente superiori a 75.000 euro (comma 10)

Mediante l’inserimento nel TUIR dell’art 16-ter , si è introdotto un limite alle detrazioni per Oneri complessivamente fruibili nell’anno. Con riferimenti ai soggetti che percepiscono un reddito complessivo superiore a 75.000 euro/anno, gli oneri e le spese per i quali il Tuir o altre disposizioni normative prevedono una detrazione dall’imposta lorda, considerati complessivamente, sono ammessi in detrazione per un ammontare limitato.
È stabilito un importo base per fasce di reddito, “corretto” in relazione al numero di figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi, affiliati o affidati, presenti nel nucleo familiare del contribuente considerati a carico ai sensi dell’articolo 12 comma 2 del Tuir.

L’importo base è il seguente:
• 14.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 75.000 euro e non superiore a 100.000 euro;
• 8.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 100.000 euro.

Questo invece il coefficiente correttivo:
• 0,50, se nel nucleo familiare non sono presenti figli a carico;
• 0,70, se nel nucleo familiare è presente un figlio a carico;
• 0,85, se nel nucleo familiare sono presenti due figli a carico;
• 1, se nel nucleo familiare sono presenti più di due figli a carico o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 104/1992 che sia comunque a carico.

Dall’ammontare complessivo degli oneri e delle spese soggetti a rideterminazione, sono esclusi i seguenti oneri e le seguenti spese:
• le spese sanitarie detraibili ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera c);
• le somme investite nelle start-up innovative, detraibili ai sensi degli articoli 29 e 29-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
• le somme investite nelle piccole e medie imprese innovative, detraibili ai sensi dell’articolo 4, commi 9, seconda parte, e 9-ter, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33.

Il comma 5 chiarisce che ai fini del computo dell’ammontare complessivo degli oneri e delle spese di cui al comma 1 del presente articolo, per le spese detraibili ai sensi dell’articolo 16-bis ovvero di altre disposizioni normative, la cui detrazione è ripartita in più annualità, rilevano le rate di spesa riferite a ciascun anno.

Sono esclusi dal computo:

• gli oneri detraibili ai sensi dell’articolo 15, commi 1, lettere a) e b), e 1-ter, sostenuti in dipendenza di prestiti o mutui contratti fino al 31-12-2024;
• i premi di assicurazione detraibili ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettere f) e f-bis), sostenuti in dipendenza di contratti stipulati fino al 31-12-2024;
• le rate delle spese detraibili ai sensi dell’articolo 16-bis ovvero di altre disposizioni normative, sostenute fino al 31-12-2024.
Ai fini di questa disposizione è escluso dal reddito complessivo quello dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze (10 comma 3-bis del Tuir).

1.5 Detrazioni per carichi di famiglia (comma 11)

Con la modifica dell’articolo 12 comma 1 lettera c) del TUIR, la detrazione di 950 euro per i figli (a carico) di età pari o superiore a 21 anni, spetta ora soltanto fino al compimento del trentesimo anno di età dei figli.
La limitazione riguardo l’età (30 anni) non opera per i figli con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104/1992.

In definitiva, considerata la novella in commento, per figli fiscalmente a carico s’intendono, in base all’articolo 12 del TUIR, i figli con età non superiore a 24 anni titolari di un reddito complessivo annuo non eccedente i 4.000 euro ed i figli di età superiore a 24 anni ma inferiore a 30 anni (o senza limiti di età massima se con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104/1992) titolari di un reddito complessivo annuo non superiore a 2.840,51 euro

L’altra modifica notevole riguarda la lettera d) relativa alle detrazioni per agli altri familiari a carico.
Anche in questo caso è stata operata una stretta, non nella consistenza che rimane fermo in 750 euro, ma nei presupposti di spettanza.
Infatti, dal 2025 la detrazione non compete più in relazione ad ogni familiare (a carico) di cui all’articolo 433 cc, ma soltanto in relazione agli ascendenti (a carico) conviventi con il contribuente (cioè i parenti da cui un soggetto discende per filiazione, come i genitori, i nonni, i bisnonni, ecc.,).
Oltre la relazione di ascendenza e richiesta la convivenza con il dipendente.

Infine, è stato anche inserito il comma 2bis in base al quale le detrazioni per familiari a carico (comma 1 dell’articolo 12) non spettano ai contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo in relazione ai familiari residenti all’estero.
Come si vede non si tratta delle detrazioni per tutti i familiari, ma soltanto per quelli residenti all’estero.

2. FRINGE BENEFIT

2.1 Conferma ampliamento soglie esenzione fiscale per I fringe benefit (commi 390 – 391)

La legge di Bilancio conferma per i periodi d’imposta 2025, 2026 e 2027 l’aumento della soglia di esenzione fiscale per i fringe benefit da 258,23 euro a:

• 1.000 euro
• 2.000 euro a favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, che dichiarino a tal fine il possesso del predetto requisito

I datori di lavoro provvedono all’attuazione dell’elevazione della soglia di esenzione previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti.

Sempre per gli anni 2025, 2026, 2027, entro Il medesimo limite (1.000,00/ 2.000,00) ed in concorso con il valore dei beni ceduti ed I servizi prestati al dipendente (fringe benefit), si conferma che non concorrono alla formazione del reddito le eventuali somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per la locazione dell’abitazione principale o per gli interessi sul mutuo relativo all’abitazione principale.

Per la dfefinizione di figli fiscalmente a carico si rinvia al paragrafo precedente.

Inoltre, per i nuovi assunti a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025 con reddito da lavoro dipendente fino a 35.000 euro nell’anno precedente la data di assunzione, che accettano di trasferire la residenza in un comune di lavoro situato ad oltre 100 chilometri di distanza dal precedente comune di residenza (circostanza attestata dal rilascio da parte del lavoratore di un’autodichiarazione sostitutiva, nella quale va indicato il luogo di residenza nei sei mesi precedenti la data di assunzione), la nuova legge di Bilancio prevede che le somme eventualmente erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente ai fini fiscali entro il limite complessivo di 5.000 euro annui per i primi due anni dalla data di assunzione.
Si precisa che le somme erogate dal datore di lavoro, nel caso appena citato, saranno imponibili ai fini contributivi, rileveranno ai fine della determinazione dell’ISEE e si computeranno ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.

3) CONGEDI PARENTALI (art. 1 comma 217 e 218)

Il comma 217 della Legge di Bilancio 2025, intervenendo sull’articolo 32 comma 1 del D.Lgs 151/2001, ha reso strutturali le modifiche ai congedi parentali introdotte dalla Legge di Bilancio 2024 introducendo anche qualche ampliamento in termini di consistenza della prestazione INPS spettante.

La Legge di Bilancio 2023, aveva disposto l’elevazione della misura della prestazione dal 30% al 80% della retribuzione, con riferimento ad 1 mese di congedo parentale, se fruito entro i 6° anno di vita del bambino (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione ed affidamento, e comunque non oltre il compimento della maggiore età), a beneficio dei lavoratori dipendenti che terminavano il periodo di maternità obbligatoria o di paternità obbligatoria successivamente al 31/12/2022.

La Legge di Bilancio 2024, ad esclusivo beneficio dei lavoratori dipendenti che terminavano il periodo di maternità obbligatoria o di paternità obbligatoria successivamente al 31/12/2023, aveva elevato per 1 ulteriore mese la misura della prestazione, portandola dal 30% al 60% della retribuzione (80% solo per fruizioni nel corso dell’anno 2024), sempre a condizione che la fruizione fosse avvenuta entro il compimento del 6° anno di vita del bambino o di adozione.
Alla predetta elevazione della misura della prestazione potevano accedere indifferentemente la madre o il padre fruitori del congedo parentale (fruizione “alternata” tra i genitori), se lavoratori dipendenti; i mesi interessati all’elevazione della misura della prestazione potevano essere solo fra quelli spettanti in via esclusiva a ciascun genitore (3 mesi alla madre e 3 mesi al padre) e non fra i periodi (3mesi) indennizzabili in alternativa (trasferibili) tra madre e padre.

La Legge di Bilancio 2025, a beneficio dei lavoratori dipendenti che terminano il periodo di maternità obbligatoria o di paternità obbligatoria successivamente al 31/12/2024, dispone che:
in costanza delle ipotesi (congedo parentale fruito entro i 6° anno di vita o di adozione del bambino; solo periodi di congedo spettanti in via esclusiva ad un genitore o all’altro) la misura della prestazione indennitaria INPS sale dal 60% al 80% (anche per le fruizioni successive all’anno 2024)
in aggiunta, compete un ulteriore mese con indennità maggiorata dal 30% al 80%.

Pertanto, con riferimento ai lavoratori dipendenti che abbiano terminato il periodo di maternità obbligatoria o di paternità obbligatoria dopo il 31/12/2024, ecco l’attuale quadro sulla consistenza della prestazione per il congedo parentale:

• 3 mesi sono indennizzati all’80% della retribuzione, entro i 6 anni di vita o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento del minore;
• 6 mesi (9 mesi complessivi meno i 3 indennizzati all’80%) con possibilità di fruizione entro il 12° anno di vita del bambino, sono indennizzati al 30%, a prescindere dalla situazione reddituale;
• I rimanenti 2 mesi non sono indennizzati, salvo il caso in cui il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’Ago, nel qual caso sono indennizzati al 30 %.
Invece, con riferimento ai lavoratori dipendenti che abbiano terminato il periodo di maternità obbligatoria o di paternità obbligatoria dopo il 31/12/2023 ma entro il 31/12/2024, spettano solo 2 mesi di congedo all’80% se fruiti entro il 6° anno del figlio; i restanti mesi da indennizzare (massimo 7) sono indennizzati al 30 %; I rimanenti 2 mesi non sono indennizzati, salva la condizione reddituale.

Con riferimento ai lavoratori dipendenti che abbiano terminato il periodo di maternità obbligatoria o di paternità obbligatoria dopo il 31/12/2022 ma entro il 31/12/2023, spetta solo 1 mese di congedo all’80% se fruito entro il 6° anno del figlio; i restanti mesi indennizzabili (massimo 8) sono coperti al 30 %; I rimanenti 2 mesi non sono indennizzati, salva la condizione reddituale.

Infine, con riferimento ai lavoratori dipendenti che abbiano terminato il periodo di maternità obbligatoria o di paternità obbligatoria entro il 31/12/2022, la misura della prestazione rimane al 30 % per tutti i mesi (massimo 9) con diritto all’indennizzo; I rimanenti 2 mesi non sono indennizzati, salva la condizione reddituale.

4. MAGGIORAZIONE DEL COSTO DEL LAVORO PER NUOVE ASSUNZIONI (commi 399 – 400)

I commi 399 – 400 della Legge di Bilancio 2025 prorogano ai periodi d’imposta 2025, 2026 2027 la “superdeduzione” prevista dall’articolo 4 del Dlgs 216/2023, (già esaminata nella ns. circolare – cui si rinvia – redatta in occasione della pubblicazione della Legge di Bilancio relativa all’anno 2024).
Ricordiamo brevemente che il provvedimento, articolato e complesso, riguarda la determinazione del reddito per i titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni e consiste in una maggiorazione del 20% (incrementata fino al 30% in caso di lavoratori svantaggiati) del costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, riferibile ad un necessario incremento occupazionale.
Le norme citate si applicano, nei limiti e alle condizioni ivi previste, anche agli incrementi occupazionali risultanti al termine di ciascuno dei predetti periodi d’imposta rispetto al periodo d’imposta precedente.

5. ESONERO CONTRIBUTIVO LAVORATRICI

5.1 Lavoratrici madri (art 1 commi 219 – 220)

I commi 219-220 introducono un nuovo esonero contributivo a favore delle lavoratrici madri.

Il vecchio esonero è quello previsto dalla Legge di Bilancio 2024 (art. 1 comma 180 Legge 213/2023) che, a condizioni diverse, consentiva un abbattimento contributivo a favore delle lavoratrici madri.
Da premettere subito, che l’esonero contributivo ex Legge di Bilancio 2024 continuerà ad essere applicabile fino al mese di dicembre 2026, con riferimento alle lavoratrici madri di 3 o più figli che ne integrino i relativi requisiti; mentre il predetto esonero contributivo è cessato di essere applicabile con il periodo di paga di dicembre 2024, in riferimento alle lavoratrici madri di 2 figli.

La nuova norma prevede il beneficio tanto per lavoratrici dipendenti quanto per le autonome.
Infatti lo sgravio è destinato a:
• lavoratrici dipendenti, a esclusione dei rapporti di lavoro domestico;
• lavoratrici autonome che percepiscono almeno uno tra redditi di lavoro autonomo, redditi d’impresa in contabilità ordinaria, redditi d’impresa in contabilità semplificata o redditi da partecipazione che non hanno optato per il regime forfetario.
Al contrario, l’esonero ex L. di Bilancio 2024 era destinato solo alle lavoratrici dipendenti.

La spettanza del nuovo esonero è subordinate alla condizione che la retribuzione o il reddito imponibile ai fini previdenziali non sia superiore all’importo di 40.000 euro su base annua; per le lavoratrici autonome iscritte all’Ago INPS e alla gestione separata sono previste condizioni reddituali specifiche.
Invece l’esonero ex Legge di Bilancio 2024 non imponeva condizioni reddituali.

Per quanto riguarda le lavoratrici dipendenti, ai fini della spettanza dell’esonero non è richiesto che il rapporto di lavoro sia a tempo indeterminato; requisito invece necessario per l’esonero ex Legge di Bilancio 2024.

La consistenza de nuovo esonero contributivo è solo parziale e la fissazione della percentuale di sgravio è demandata ad un Decreto di futura emanazione, in attesa del quale lo strumento non è operativo.
Invece, la consistenza dell’esonero ex Legge di Bilancio 2024 era totale, salvo il limite massimo di fruibilità pari a 3.000,00 €/anno da parametrare su base mensile.

Altra novità è rappresentata dal fatto che, in via strutturale, sono destinatarie del nuovo esonero contributivo anche le lavoratrici con 2 figli (nell’esonero ex Legge di Bilancio 2024, l’esonero era riservato alle madri di 3 o più figli, e – per il solo anno 2024 – esteso alle madri con solo 2 figli).

L’esonero, che – come anticipato – riguarderà i contributi Ivs a carico della lavoratrice e sarà parziale – non è soggetto a scadenza.
È però prevista una modulazione temporale:
• Le lavoratrici devono essere madri di due o più figli e l’esonero contributivo spetta fino al mese di compimento del 10° anno di età del figlio più piccolo.
• Dal 2027, per le madri di tre o più figli, l’esonero contributivo spetterà fino al mese del compimento del 18° anno di età del figlio più piccolo.

Per il 2025 e il 2026 il nuovo esonero contributivo non spetta alle lavoratrici madri già beneficiarie dell’esonero previsto dalla Legge di Bilancio 2024, del quale potranno fruire – alle condizioni previste dalla citata Legge – fino al period di paga di dicembre 2026 o, se antecedente, fino al compimento del 18° anno di età del figlio più piccolo.

Un Decreto del Ministero del Lavoro dovrà disciplinare le modalità attuative, le modalità per il riconoscimento dello stesso, le procedure per il rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo e soprattutto la misura dell’esonero contributivo.

5.2 Donne vittime di violenza (art 1 commi 221 e 222)

Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (articolo 19 comma 3 Dl 223/2006) che interviene su queste situazioni è incrementato di 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2025 (comma 221).

Lo stesso Fondo è incrementato di un milione di euro annuo a decorrere dal 2025 per incrementare la misura del reddito di libertà (articolo 105bis Dl 34/20209) per garantire l’effettiva indipendenza economica e l’emancipazione delle donne vittime di violenza (comma 222).

6) INCENTIVO ALL’OCCUPAZIONE PER LE IMPRESE DEL SUD

6.1 fine della Decontribuzione sud 2022-2024

Al comma 404, la Legge di Bilancio 2025 statuisce che, a seguito della decisione della Commissione europea C(2024) 4512 final del 25 giugno 2024, l’agevolazione di cui all’articolo 1, commi da 161 a 167, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Decontribuzione Sud) trova applicazione fino al 31 dicembre 2024, con riferimento peraltro ai soli contratti di lavoro subordinato stipulati entro il 30 giugno 2024.

6.2 Decontribuzione sud 2025 – microimprese e PMI (art. 1 commi 406 – 412)

La Legge di Bilancio 2025 (commi 406-412) introduce una nuova misura di decontribuzione Sud, con le seguenti caratteristiche:
• È rivolta ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico.
• Limitatamente alle microimprese e alle piccole e medie imprese che occupano lavoratori a tempo indeterminato nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.
• Consiste nell’esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali (esclusi i premi Inail)
• L’agevolazione è concessa nei limiti del regolamento (UE) 2023/2831 della Commissione del 13-12-2023 (aiuti de minimis).
L’esonero in oggetto spetta in riferimento a tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato incentivabili, instaurati entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di applicazione della misura, a condizione che il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa sia ubicato nelle regioni del Mezzogiorno.
Pertanto, l’agevolazione può essere applicata per i soli rapporti di lavoro a tempo indeterminato già instaurati.
La Decontribuzione Sud PMI può, inoltre, trovare applicazione per i rapporti trasformati a tempo indeterminato entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di applicazione della misura (Circolare INPS n° 32 del 30 gennaio 2025).

L’esonero è così modulato:
a) anno 2025 – 25% dei complessivi contributi previdenziali (massimo 145 euro/mese per 12 mensilità) per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato alla data del 31-12-2024;
b) anno 2026 – 20% dei complessivi contributi previdenziali (massimo 125 euro/mese per 12 mensilità) per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato alla data del 31-12-2025;
c) anno 2027, in misura pari al 20% dei complessivi contributi previdenziali (massimo 125 euro/mese per 12 mensilità) per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato alla data del 31-12-2026;
d) anno 2028, in misura pari al 20% dei complessivi contributi previdenziali (massimo 100euro/mese per 12 mensilità) per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato alla data del 31-12-2027;
e) anno 2029, in misura pari al 15% dei complessivi contributi previdenziali (massimo 75 euro/mese per 12 mensilità) per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato alla data del 31-12-2028;

Sono esclusi dall’esonero:
a) i rapporti di apprendistato;
b) gli enti pubblici economici;
c) gli istituti autonomi case popolari trasformati in enti pubblici economici ai sensi della legislazione regionale;
d) gli enti trasformati in società di capitali, ancorché a capitale interamente pubblico, per effetto di procedimenti di privati;
e) le ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza trasformate in associazioni o fondazioni di diritto p
quanto prive dei requisiti per la trasformazione in aziende di servizi alla persona iscritte nel registro delle persone giuridiche;
f) le aziende speciali costituite anche in consorzio ai sensi degli articoli 31 e 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
g) i consorzi di bonifica;
h) i consorzi industriali;
i) gli enti morali;
l) gli enti ecclesiastici.

Il comma 410 richiama le consuete condizionalità per la fruizione degli incentivi:

• rispetto dei princìpi principi generali in materia di incentivi all’occupazione di cui all’articolo 31 del decreto legislativo n. 150/2015;
• rispetto dell’articolo 1, comma 1175 della legge 296/2006 (ossia: regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale ai sensi della normativa in materia di documento unico di regolarità contributiva (DURC); assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge; rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale).

Fermi restando i principi generali in materia di incentivi all’occupazione di cui all’articolo 31 del decreto legislativo n. 150/2015, il diritto alla fruizione dell’agevolazione in argomento è subordinato al rispetto delle condizioni stabilite dall’articolo 1, comma 1175, della legge n. 296/2006, ossia: regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale ai sensi della normativa in materia di documento unico di regolarità contributiva (DURC); assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge; rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Le agevolazioni non spettano ai datori di lavoro non siano in regola con gli obblighi di assunzione dei disabili (Legge 68/1999).

L’esonero non è cumulabile con gli esoneri previsti agli articoli 21 (incentivi per l’autoimpiego nei settori strategici per lo sviluppo di nuove tecnologie e la transizione digitale ed ecologica), 22 (bonus giovani), 23 (bonus donne) e 24 (bonus Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno) del Dl 60/2024.

6.3 Decontribuzione sud 2025 – altre imprese (art 1 commi 413 – 422)

Questa seconda decontribuzione è in buona parte sovrapponibile con la precedente, con l’esclusione delle imprese beneficiarie.

Queste le caratteristiche della nuova decontribuzione (commi 413-422):
• È rivolta ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico.
• Limitatamente alle imprese non rientranti nella definizione di microimprese e alle piccole e medie imprese, che occupano lavoratori a tempo indeterminato nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.
• Consiste nell’esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali (esclusi i premi Inail).

L’esonero è riconosciuto a condizione che il datore di lavoro dimostri, al 31 dicembre di ogni anno un incremento occupazionale, rispetto al l’anno precedente, dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

L’esonero è così modulato come quello di cui al paragrafo precedente.
Anche per le esclusioni, le condizionalità e le incumulabilità valgono le disposizioni di cui al paragrafo precedente.

L’efficacia della disposizione è subordinata, ai sensi del l’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea ed è sospesa fino alla data di adozione della decisione.

7) NUOVO REQUISITO PER LA NASPI (art 1 comma 171)

Con decorrenza dal 01/01/20225, s’interviene restringendo le possibilità di accesso alla NASPI nei casi di presenza di un evento di dimissioni volontarie nei 12 mesi precedenti l’evento di cessazione involontaria per cui si chiede la prestazione.
Tecnicamente, tale restrizione si realizza mediante l’introduzione della lettera c-bis all’art 3 comma 1 D. Lgs. 22/2015, mediante il quale ed innovativamente, si richiede di far valere almeno tredici settimane di contribuzione tra l’ultimo evento di cessazione per dimissioni volontarie e l’evento di cessazione involontaria (in relazione al quale si chiede di fruire della prestazione NASPI), se le predette due cessazioni sono distanziate da non più di 12 mesi.

Più nel dettaglio, questo il nuovo testo del comma 1:
La NASpI è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:
a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni;
b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;
c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione (il requisito cessa di applicarsi con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1-1-2022).
c-bis) con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2025, possano far valere almeno tredici settimane di contribuzione dall’ultimo evento di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato interrotto per dimissioni volontarie, anche a seguito di risoluzione consensuale, fatte salve le ipotesi di cui al comma 2 (si tratta delle dimissioni per giusta causa e dei casi di risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della Legge 604/1966) e di dimissioni di cui all’articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151 (dimissioni della lavoratrice madre fino al compimento di un anno di vita del bambino).
Quest’ultimo requisito si applica a condizione che l’evento di cessazione per dimissioni sia avvenuto nei 12 mesi precedenti l’evento di cessazione involontaria per cui si richiede la prestazione.

8. TRASFERTE ED OBBLIGO DI TRACCIAMENTO DEI RIMBORSI (art 1 co 81-86)

La materia è stata già trattata nella ns. Circolare del 23/12/2024 alla quale si rinvia.

9. AUTOMOBILI IN USO PROMISCUO: NUOVA DISCIPLINA DEI FRINGE BENEFIT (art 1 co 48)

La materia è stata già trattata nella ns. Circolare del 23/12/2024 alla quale si rinvia.

COLLEGATO LAVORO – Legge 28 dicembre 2024 n. 203

10. SOSPENSIONE DELLA PRESTAZIONE DI CASSA INTEGRAZIONE (art. 6)

In materia di cassa integrazione, viene modificato l’art. 8 del D. Lgs. n. 148/2015 che disciplina la compatibilità tra il trattamento di Cassa integrazione e lo svolgimento di attività lavorativa.
In particolare, la novità più importante sta nel fatto che il lavoratore che svolga attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo – durante il periodo di integrazione salariale – in tutti i casi non ha diritto al relativo trattamento per le sole giornate di lavoro effettuate.
Finora, il suddetto principio si applicava esclusivamente al caso del lavoratore cassaintegrato che svolgesse attività di lavoro subordinato di durata superiore a sei mesi ovvero attività di lavoro autonomo, mentre per il lavoratore che svolgesse attività di lavoro subordinato a tempo determinato pari o inferiore a sei mesi, era prevista la sospensione del trattamento di integrazione salariale per la durata del rapporto di lavoro.
Si conferma la previsione che il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell’INPS dello svolgimento della suddetta attività lavorativa. E’ quindi obbligo del lavoratore cassaintegrato comunicare preventivamente il lavoro che andrà a svolgere.

11. MODIFICHE AL D. LGS 15 GIUGNO N. 81, IN MATERIA DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO (art. 10)

L’art. 10 del cd. “Collegato Lavoro”, apporta “modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di somministrazione di lavoro”.
In particolare, agli articoli 31 e 34 del citato decreto legislativo:

la lettera a) abroga anticipatamente, rispetto al previsto termine finale di vigenza del 30 giugno 2025 la previsione transitoria contenuta nel citato art. 31 che, nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore sia a tempo determinato, consentiva all’utilizzatore di impiegare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’agenzia di somministrazione avesse comunicato all’utilizzatore stesso l’assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determinasse in capo all’utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.
Inoltre, la medesima lettera a), intervenendo sempre sull’articolo 31 del citato decreto, amplia il novero delle fattispecie esenti dai limiti quantitativi previsti, includendovi:
• la somministrazione a tempo determinato di lavoratori ai sensi dell’art. 23 comma 2 dello stesso D. Lgs. n. 81/2015 (che si riferisce alle ipotesi già esistenti di esenzione dai limiti quantitativi previste dalla disciplina sul contratto a termine, quali i contratti a termine conclusi per l’avvio di nuove attività, dalle start up, per attività stagionali, per spettacoli, per sostituzione di lavoratori assenti e di lavoratori over 50),
• la somministrazione a tempo determinato di soggetti assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

la lettera b), integrando l’articolo 34, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015 stabilisce che le condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, ossia la disciplina delle c.d. causali del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, non operano in caso di impiego di:
• soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
• di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento UE n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con il decreto del Ministro del lavoro previsto dall’articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015.

12. DURATA DEL PERIODO DI PROVA NEL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO (art. 13)

La modifica apportata dal Collegato Lavoro sull’articolo 7, comma 2, del Decreto Legislativo n. 104/2022 (anche detto Decreto Trasparenza), rende più chiara l’applicazione della disposizione relativa alla durata del periodo di prova nell’ambito dei contratti a tempo determinato.
Infatti, con efficacia dal 12/01/2025, il comma 2 sopra menzionato viene integrato prevedendo che, “fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro.
In ogni caso, la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi”.

Resta invariato l’ultimo periodo del comma 2, secondo cui, in caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.
Si ritiene utile riportare il testo dell’intero articolo 7 come risulta dopo l’intervento integrativo ad opera del Collegato Lavoro
Art. 7 Decreto Legislativo n. 104/2022
Durata massima del periodo di prova
1. Nei casi in cui è previsto il periodo di prova, questo non può essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi.
2. Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego.
Fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi.
In caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.
3. In caso di sopravvenienza di eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza.
4. Per le pubbliche amministrazioni continua ad applicarsi l’articolo 17 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.

Si richiama l’attenzione sul fatto che l’inciso “fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva”, metodologicamente impone di approcciarsi innanzitutto con il contratto collettivo adottato, individuando la quantificazione contrattuale del periodo di prova per iI lavoro a tempo determinato eventualmente lì contenuta.
Sarà poi necessario confrontare detto risultato con i criteri di Legge appena introdotti (“un Giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni…”) così da individuare la corretta quantificazione del periodo di prova, che sarà quella mutuata da contratto collettivo se più favorevole.
Va notato che il concetto di “più favorevole” è piuttosto ambiguo, non potendo ritenersi autorizzati a concludere che il lavoratore abbia sempre interesse alla minimizzazione della durata del periodo di prova (la sperimentazione consentita dal patto di prova è posta nel comune interesse reciproco).

13.  TERMINE PER LE COMUNICAZIONI OBBLIGATORIE IN MATERIA DI LAVORO AGILE (art. 14)

L’articolo 14, nel modificare l’articolo 23, comma 1, primo periodo, della legge n. 81/2017, fissa il termine entro cui il datore di lavoro deve comunicare in via telematica al Ministero del lavoro i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di “lavoro agile”.
Nel dettaglio, tale comunicazione deve essere effettuata entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo oppure entro i cinque giorni successivi alla data in cui si verifica l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile.

14. UNICO CONTRATTO DI APPRENDISTATO DUALE (art. 18)

L’articolo 18, nel sostituire il comma 9 dell’articolo 43 del decreto legislativo n. 81/2015, dispone che, successivamente al conseguimento della qualifica o del diploma professionale ai sensi del decreto legislativo n. 226/2005, nonché del diploma di istruzione secondaria superiore o del certificato di specializzazione tecnica superiore, è possibile la trasformazione del contratto di apprendistato, previo aggiornamento del piano formativo individuale, in:

• apprendistato professionalizzante, come già previsto prima dell’entrata in vigore della legge in commento, allo scopo di conseguire la qualificazione professionale ai fini contrattuali. In tale caso, la durata massima complessiva dei due periodi di apprendistato non può eccedere quella individuata dall’articolo 92 del vigente CCNL edilizia industria (massimo 5 anni complessivi, di cui almeno 2 anni di apprendistato professionalizzante);
• apprendistato di alta formazione e di ricerca e per la formazione professionale regionale, secondo la durata e le finalità definite ai sensi e per gli effetti dell’articolo 45, decreto legislativo n. 81/2015, nel rispetto dei requisiti dei titoli di studio richiesti per l’accesso ai percorsi. Tale possibilità di trasformazione è stata introdotta dalla legge in commento.

15. NORME IN MATERIA DI RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO (art. 19)

Il Collegato Lavoro modifica la disciplina sulle dimissioni volontarie, mediante l’inserimento del comma 7-bis nell’articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2015, il quale disciplina la procedura telematica obbligatoria per le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
In particolare, viene previsto che, “in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’INL, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima”.
“Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista” dal già menzionato articolo 26 (ovvero l’obbligo di effettuare la procedura telematica di dimissioni).
Conseguentemente non spetterà nemmeno la NASPI, risultando assente il requisito dell’involontarietà nella cessazione del rapporto ed il datore di lavoro non sarà obbligato a versare il contributo NASPI (cd. Ticket) e potrà trattenere l’indennità di mancato preavviso.
Il predetto effetto risolutivo (“Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore”, pur in assenza della comunicazione telematica di dimissioni) non si produce “se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.

La nuova norma, in sostanza, prevede che l’assenza ingiustificata del lavoratore, protratta oltre un certo periodo, possa essere considerata per sé stessa (quindi anche in assenza della formale comunicazione telematica di dimissioni) come un’implicita volontà di dimettersi.
Ciò, l’evidente intento di contrastare il ricorso del lavoratore all’assenza ingiustificata quale “strumento” per indurre la ditta al licenziamento “disciplinare” dello stesso, per poter conseguire l’indennità di disoccupazione.
In applicazione di questa norma, il datore di lavoro non sarà tenuto a versare il contributo NASPI e potrà trattenere l’indennità di mancato preavviso, ed al lavoratore sarà precluso l’accesso alla NASPI.
Nel dettaglio, in caso di allontanamento ingiustificato del lavoratore protratto per un periodo superiore a quello consentito dal Ccnl applicato tra le parti (con espressa esclusione, dunque, di contratti aziendali o territoriali), ovvero in mancanza di tale indicazione, oltre i 15 giorni, la disposizione richiamata – infatti – consente al datore di lavoro lo scioglimento del rapporto di lavoro, dandone comunicazione all’Ispettorato del Lavoro che potrà verificare la veridicità della comunicazione, salva la possibilità del lavoratore di dimostrare la forza Maggiore o il fatto imputabile al datore.

Qualora intenda avvalersi della prolungata assenza del lavoratore ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro che non voglia avviare una procedura disciplinare finalizzata al licenziamento, dovrà inviare una comunicazione alla sede dell’ITL territorialmente competente al fine di consentire agli uffici territoriali di poter accertare la “veridicità della comunicazione medesima” e, quindi, se il lavoratore effettivamente non si sia più presentato presso la sede di lavoro né abbia potuto comunicare i motivi della propria assenza.
Come precisato nella nota INL n° 579/2025 del 22 gennaio 2025, ricevuta tale comunicazione, gli organi ispettivi dell’INL “potranno” attivare successivi controlli – evidentemente solo eventuali e non “automatici”– coinvolgendo, oltre al lavoratore interessato, anche “altro personale impiegato presso il medesimo datore di lavoro o altri soggetti che possano fornire elementi utili” ai fini dell’accertamento della veridicità della suddetta comunicazione. Le verifiche, qualora avviate, dovranno essere concluse entro 30 giorni dalla data di ricezione della comunicazione del datore di lavoro.
La norma contiene più elementi di criticità di quel che possa sembrare in apparenza e richiede cautela applicativa. Si invitano le imprese a contattare i nostril uffici per ogni valutazione in concreto rispetto alla casistica che si dovesse presentare.

16. DILAZIONE DEL PAGAMENTO DEI DEBITI CONTRIBUTIVI (art. 23)

Di nuovo inserimento, risulta anche il comma 11-bis all’articolo 2 del decreto-legge n. 338/1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 389/1989.
Tale comma prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, l’INPS e l’INAIL possono consentire il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi e accessori di legge a essi dovuti, non affidati per il recupero agli agenti della riscossione, fino al numero massimo di 60 rate mensili, nei casi definiti con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare, sentiti l’INPS e l’INAIL, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame ( che è il 12 gennaio 2025), e secondo i requisiti, i criteri e le modalità, anche di pagamento, disciplinati, con proprio atto, dal consiglio di amministrazione di ciascuno dei predetti enti, al fine di favorire il buon esito dei processi di regolarizzazione assicurando la contestualità della riscossione dei relativi importi.

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Lo Studio resta a disposizione per ogni ulteriore approfondimento.